E’ uscito recentemente per Adelphi editore "A Calais" di Emmanuel Carrère, un'inchiesta giornalistica che lo stesso Carrère ha scritto tre/ quattro mesi or sono per la stampa francese ed è stata in Italia, seppur parzialmente, pubblicata dal Corriere della Sera.
Un libro questo che assume una importanza ancora più forte alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni in Europa in tema di migrazione. Carrère nella sua inchiesta non va però ad occuparsi dei migranti , delle loro storie e di come vivano nei centri di accoglienza che sembrano essere una sorta di Auschwitz del XXI secolo.
L'attenzione dell’autore è invece rivolta esclusivamente agli abitanti di Calais, a quanti cioè sono stati coinvolti prima e travolti poi da questa ondata migratoria, a come appunto questa migrazione abbia cambiato radicalmente la vita, le abitudini, la cultura , la stessa composizione sociale di questa città. E nel fare questo Carrère analizza, le modifiche urbanistiche e le nuove realtà sociali e demografiche, i nuovi modelli di fruizione della cultura e la disoccupazione esplosa in conseguenza della crisi industriale e del turismo.
Una crisi economica spaventosa che si aggiunge alla difficile realtà del rapporto con "gli altri", i migranti, e sul diverso modo di come gli abitanti di Calais si confrontino con "loro": alcuni rifiutandoli, altri invece, se pure una minoranza esigua, cercando di avviare con loro un rapporto che possa essere il più possibile di integrazione.
L'affresco che Carrère fa di Calais sembra essere la fotografia dell'Europa di oggi: una grande malata con un grande avvenire dietro le spalle dove tutto sembra contemporaneamente delabré e in cerca di un nuovo futuro. Il libro, pur nella sua brevità, pur nel suo essere così devastantemente tranchant ci offre uno spaccato assolutamente attento e puntuale di una realtà complessa.
E proprio per questo va letto, analizzato e ricordato.
Un libro questo che assume una importanza ancora più forte alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni in Europa in tema di migrazione. Carrère nella sua inchiesta non va però ad occuparsi dei migranti , delle loro storie e di come vivano nei centri di accoglienza che sembrano essere una sorta di Auschwitz del XXI secolo.
L'attenzione dell’autore è invece rivolta esclusivamente agli abitanti di Calais, a quanti cioè sono stati coinvolti prima e travolti poi da questa ondata migratoria, a come appunto questa migrazione abbia cambiato radicalmente la vita, le abitudini, la cultura , la stessa composizione sociale di questa città. E nel fare questo Carrère analizza, le modifiche urbanistiche e le nuove realtà sociali e demografiche, i nuovi modelli di fruizione della cultura e la disoccupazione esplosa in conseguenza della crisi industriale e del turismo.
Una crisi economica spaventosa che si aggiunge alla difficile realtà del rapporto con "gli altri", i migranti, e sul diverso modo di come gli abitanti di Calais si confrontino con "loro": alcuni rifiutandoli, altri invece, se pure una minoranza esigua, cercando di avviare con loro un rapporto che possa essere il più possibile di integrazione.
L'affresco che Carrère fa di Calais sembra essere la fotografia dell'Europa di oggi: una grande malata con un grande avvenire dietro le spalle dove tutto sembra contemporaneamente delabré e in cerca di un nuovo futuro. Il libro, pur nella sua brevità, pur nel suo essere così devastantemente tranchant ci offre uno spaccato assolutamente attento e puntuale di una realtà complessa.
E proprio per questo va letto, analizzato e ricordato.
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